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Sismicità ed MS
La Calabria è una delle regioni italiane con il più alto rischio sismico, a causa della presenza di numerose faglie attive. Queste faglie sono responsabili di molti terremoti storici che hanno colpito la regione, come il terremoto della Valle del Crati del 1183, il terremoto di Reggio e Messina del 1908, e la crisi sismica della Calabria meridionale del 1783.
Le faglie sismogenetiche sono fratture nel sottosuolo dove si verifica il movimento tra blocchi di roccia adiacenti. Questo movimento può essere improvviso, causando terremoti, o lento, noto come “creep asismico”. Le faglie possono essere di diversi tipi, tra cui faglie normali, inverse, trascorrenti e oblique. In Italia, molte faglie attive sono state identificate e mappate, specialmente lungo la catena montuosa dell’Appennino e nelle zone di subduzione come l’Arco Calabro. La classificazione sismica del territorio nazionale è suddivisa in 4 zone, in base alla pericolosità sismica:
Zona 1: La zona più pericolosa, con alta probabilità di forti terremoti.
Zona 2: Forti terremoti sono possibili.
Zona 3: I forti terremoti sono meno probabili rispetto alle zone 1 e 2.
Zona 4: La zona meno pericolosa con bassa probabilità di terremoti.
In Calabria, il 64% dei comuni è considerato ad elevata pericolosità sismica (Zona 1), mentre il restante 36% è classificato a pericolosità moderata (Zona 2).
La conoscenza delle faglie è fondamentale per la mitigazione di rischio sismico, specialmente in aree densamente popolate e industrializzate. La Calabria, con la sua alta pericolosità sismica, vulnerabilità ed esposizione, rappresenta una delle zone più a rischio in Italia.
Gli Studi di Microzonazione Sismica
Le problematiche trattati dagli studi di Microzonazione Sismica hanno avuto un forte sviluppo a livello scientifico negli ultimi quarant’anni, anche se l’importanza delle caratteristiche di resistenza e stabilità dei suoli in prospettiva sismica era emersa già in epoca passata. A partire dal XVIII secolo, con l’affermarsi della visione illuminista dei fenomeni naturali, era apparso chiaro a molti studiosi che le condizioni locali dei terreni di fondazione condizionavano in modo importante gli effetti del terremoto. Già un secolo fa i criteri informatori delle Norme Tecniche approvate con regio decreto 18 aprile 1909, n. 193, a seguito del disastroso terremoto di Reggio Calabria e Messina del 1908, riportavano il divieto di nuove costruzioni e ricostruzioni “su terreni posti sopra e presso fratture, franosi o atti comunque a scoscendere, od a comunicare ai fabbricati vibrazioni e sollecitazioni tumultuarie per differente costituzione geologica o diversa resistenza delle singole parti di esse”. In ambito internazionale, uno studio del 1969 condotto da alcuni studiosi in occasione del terremoto di S. Francisco del 1957, evidenziò come nell’ambito della stessa città, a poche centinaia di metri di distanza, lo stesso terremoto avesse provocato scuotimenti decisamente differenti in relazione agli spessori e alle caratteristiche geomeccaniche dei terreni presenti negli strati più superficiali. Dall’ora sono stati eseguiti molti studi su forti terremoti (es. Friuli, 1976; Irpinia,1980; Città del Messico, 1985; Kobe, Giappone 1992; Izmit, Turchia 1999; San Giuliano di Puglia, 2002), raccolti dati e informazioni che hanno dimostrato come le caratteristiche locali del territorio possano alterare in maniera evidente l’azione sismica.
Gli studi di microzonazione sismica (MS) sono fondamentali per comprendere la pericolosità sismica locale e la pianificazione territoriale. Questi studi valutano come le condizioni geologiche e geomorfologiche locali influenzano lo scuotimento del suolo durante un terremoto. La microzonazione sismica individua tre tipi di zone:
Zone Stabili: Dove non si prevedono amplificazioni vocali del moto sismico.
Zone stabili suscettibili di amplificazione locale: Dove il moto sismico viene modificato a causa di particolari condizioni litostratigrafiche e/o geomorfologiche.
Zone suscettibili di instabilità: Dove possono verificarsi fenomeni di deformazione permanente del territorio, come frane, fagliazioni superficiali, fenomeni di liquefazioni e densificazione dei terreni2.
Questi studi sono cruciali per la riduzione del rischio sismico, la pianificazione dell’emergenza e la ricostruzione post-sisma. La Regione Calabria ha implementato questi studi in conformità con il “Piano nazionale per la prevenzione del rischio sismico” avviato dopo il terremoto in Abruzzo del 2009. In Italia, gli studi di microzonazione sismica sono realizzati utilizzando standard condivisi a livello nazionale e si articolano i 3 livelli di approfondimento:
MS di livello 1: Identifica zone omogenee in prospettiva sismica su basi prettamente geologiche, distinguendo tra zone stabili, stabili con amplificazioni e instabili.
MS di livello 2 e 3: Quantifica numericamente l’amplificazione del moto sismico, utilizzando abachi (livello 2) o analisi numeriche di risposta sismica locale (livello3)

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